L'ipotesi è modificare unilateralmente il Protocollo dell’Irlanda del Nord per rendere più semplice il passaggio di merci dalla Gran Bretagna verso il paese

A oltre due anni dall’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, avvenuta formalmente il 31 gennaio del 2020, le trattative tra Londra e Bruxelles sono ancora in corso, e il premier britannico Johnson è pronto a rimettere in discussione i patti sottoscritti con un piano per eliminare alcune parti dell’accordo post-Brexit concordato nel 2019. Per quanto Johnson con la promessa “Get the Brexit Done”, volesse portare a termine la Brexit, di fatto c’è una parte del Paese in cui questa non è avvenuta totalmente: ci riferiamo all’Irlanda del Nord.

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L’intenzione sembra essere modificare unilateralmente il Protocollo dell’Irlanda del Nord per rendere più semplice il passaggio di alcune merci dalla Gran Bretagna verso il paese e ammorbidire l’attuale crisi politico-economica.

Dichiarandosi aperta ai negoziati con l’UE, la ministra degli Esteri britannica, Liz Truss, auspica ancora a raggiungere un accordo negoziale per cambiare il protocollo dell’Irlanda del Nord che sta causando problemi di diversa natura.

Per la Commissione Ue le modifiche al Protocollo Brexit sono un passo “inaccettabile”. Secondo il vicepresidente della Commissione europea, Maros Šefčovič, la mossa del Regno Unito violerebbe il diritto internazionale.
Gli equilibri geopolitici sono già delicati e ulteriori negoziati andrebbero solo a pregiudicare l’incertezza giuridica per i cittadini e le imprese dell’Irlanda del Nord.

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Per questo l’Unione sembra disposta a rinegoziare il Protocollo, sostenuta a gran voce dal premier dell’Irlanda del nord Micheál Martin che respinge le pretese di Londra a tutela di un protocollo di pace che mira a evitare il ritorno di un confine fisico tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda.
L’appartenenza all’Ue aveva permesso di eliminare la barriera fisica tra la Repubblica d’Irlanda, governata da Dublino, e la parte nord dell’isola che ricade sotto la sovranità di Londra, e con essa le tensioni e le violenze. In realtà il confine fisico si è semplicemente spostato sulle coste dell’isola.

E il problema che si pone è relativo alle merci in viaggio dalla Gran Bretagna all’Irlanda del Nord, che pur rimanendo nella stessa nazione, devono ora sottostare ai controlli, regolamenti e tassazioni di Bruxelles. La burocrazia è pesante, denunciano le imprese, che affermano di essere costrette a riempire moduli di centinaia di pagine, ogni volta che esportano un bene. L’obbligo è di rispettare gli standard economici, igienici e sanitari richiesti, che nella maggior parte dei casi differiscono da quelli britannici.

Tra gli effetti collaterali più evidenti, Londra segnala problemi economici e soprattutto ritardi nelle consegne, ad esempio nei prodotti alimentari freschi destinati a negozi e supermercati. Le immagini dei Tg che fino all’anno scorso ci mostravano ripetutamente gli scaffali vuoti si devono alla riduzione dei tempi di conservazione degli alimenti freschi e spediti a temperatura controllata.

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